Agli inizi del 1600, la Chiesa e il Convento di Melicuccà divennero sede del culto di Sant’Antonio di Padova, ad opera della piccola comunità di frati francescani, venuti dal Veneto.
I frati francescani minori riformati, quando giunsero sul finire del 1500, trovarono un ambiente depresso ma anche una comunità predisposta a recepire la loro missione e si stabilirono nel paese, poveri tra poveri.
La loro presenza si fece sentire maggiormente negli anni a cavallo tra il grande terremoto del 1783, e la fine della "Giurisdizione Commendale".
Quello di Melicuccà è un convento che ha espletato la sua missione nel segno della cultura, con l’Accademia di Sant’Antonio, e della carità.
Infatti, la porta di ogni convento francescano, ovunque sorga, è sempre aperta, anche quella di Melicuccà, che era denominata con il nomignolo, divenuto proverbiale in tutti i paesi vicini, di “porta i Vattari” che significava porta da bussare, sicuri di ricevere per santa carità, aiuto in qualsiasi necessità.
Nel 1911 con la morte dell’ultimo fraticello, fra Bonaventura da Melicuccà al secolo Domenicantonio Sgrò, i frati abbandonarono definitivamente il paese, lasciando in eredità e custodia alla comunità parrocchiale, il Convento con la Chiesa conventuale eretta sulla prima pietra religiosamente portata da Padova, come reliquia dalla tomba del Santo. Consacrata nel 1602 e già fin da subito, divenne meta di pellegrinaggio ed assurta alla dignità di luogo sacro privilegiato, dove si venera e si continua a venerare la Sacra e miracolosa Effige.
L’edificio chiesa
La Chiesa è a Navata unica in muratura mista.
Nella zona presbiterale si sviluppa un transetto con due ampi locali, uno utilizzato a sacrestia ed uno a penitenzeria. Sicuramente ricostruita dopo il 1783 è improntata a grande semplicità sui prospetti esterni mentre all’interno, all’inizio del secolo scorso, sono stati inseriti degli stucchi e formati dei motivi neogotici.
Il prospetto principale è più curato mediante l’innesto di buoni motivi architettonici: archetti, lesene e bifore. Il Campanile affianca il prospetto principale ed è una ricostruzione della fine degli anni quaranta del secolo passato, esso è una cerniera di collegamento tra la chiesa ed i resti del convento.
L’altare maggiore ospita la bella statua settecentesca del Santo, mentre la chiesa è uno scrigno di tesori d’arte con opere del diciassettesimo e diciottesimo secolo.
Lungo la navata sono ricavate delle nicchie in stile gotico adibite a custodia delle statue dei santi.
Il conventino
Oggi registra i resti del solo piano terra ma fino al 1997 era a due piani .
Il piano terra era adibito alle attività collettive dove trovavano collocazione la cucina, i bagni, un grande refettorio e la foresteria. Questo piano era collegato alla chiesa mediante un portico ad archi e volte. Nel recente passato, intorno al 1920 è stato cantiere dell’Impresa Chiminatti che eseguì i lavori della ferrovia calabro-lucana.
Ristrutturato più volte sempre in maniera povera (lamiere ondulate, pareti incannucciate e tavole). Fino agli anni 60 era adibito ad oratorio parrocchiale.